Terre Roveresche: gita fuori porta nelle Marche

Devo ammettere che la prima volta che ho sentito nominare Terre Roveresche ho pensato si riferisse ad un territorio, come per esempio i “Colli Euganei” o il “Delta del Po“, inglobante diversi comuni. Mai avrei immaginato che Terre Roveresche fosse un comune! Ad essere precisi, si tratta di un comune nato nel 2017 e che ha unito quattro borghi marchigiani:

  • Barchi
  • Orciano di Pesaro
  • San Giorgio di Pesaro
  • Piagge.

Ognuno di questi ha conservato la propria cultura e storia, con gli antichi castelli, le piccole viuzze dei centri storici e i panorami mozzafiato che si possono godere in qualunque punto ci si fermi lungo la cinta muraria. Dedicare una giornata alla scoperta di Terre Roveresche è stata un’ottima idea: per noi si è trattata di una vera e propria gita fuori porta nella provincia di Pesaro-Urbino e che si può tranquillamente abbinare ad un trekking facile a Cartoceto.

Visitare Terre Roveresche è stato per me come tornare indietro nel tempo: fermarmi a parlare con qualche anziano del paese che vuole condividere con te la sua storia, azzardare qualche parola in dialetto marchigiano (nonni abbiate pietà, mi riesce meglio il romagnolo), sorridere ogni qualvolta riesco a riconoscere una parola detta in dialetto e che avrò sentito dire mille volte dai miei nonni materni e che, come nel migliore dei flashback, ti fa tornare in mente dolci e divertenti ricordi d’infanzia. Insomma, altro che Epifania di Joyce!

Questo comune, a cavallo tra le vallate del Cesano e del Metauro, sprigiona autenticità, tradizione e senso di comunità da qualunque angolo lo si guardi. Dalle cime delle colline su cui svettano i castelli provate ad immaginare la “battaglia del Metauro” materializzarsi davanti ai vostri occhi, chiudeteli per qualche minuto e vi sembrerà di sentire il rumore dei cordai di Orciano o dei vasai di Barchi produrre le loro meraviglie, antichi mestieri dal fascino senza tempo.

Barchi, la piccola “Città Ideale” del Rinascimento

Interamente progettato da Filippo Terzi, su commissione del Duca di Urbino Guidobaldo II, il borgo murato di Barchi segue i canoni della “divina proporzione” ed è noto come la “Città Ideale” del Rinascimento. Con il suo paesaggio collinare che spazia dalla vite ai girasoli fino ai cereali, Barchi pare fosse abitata sin dal V secolo a.C.. Come già accennato prima, in queste zone la presenza dei Romani fu “animata” dai Cartaginesi: una lotta durata oltre un secolo e che qui, con la battaglia del Metauro, visse un momento importante. Sì perché il punico Asdrubale Barca qui morì e il suo esercito fu sconfitto.

▶︎ Curiosità: sembra che il nome di Barchi derivi proprio dal generale punico qui deceduto e una leggenda narra che il suo corpo, mozzato della testa, possa essere stato sepolto in questo territorio. Ciò che possiamo invece confermare è che in passato, durante l’aratura, alcuni contadini trovarono pezzi dei carri dell’esercito cartaginese, nonché ossa e zanne di elefanti.

Un giro nel borgo di Barchi non deve prescindere da alcune tappe principali:

  • Porta Nova, con la sua arcata e i colorati decori e Porta Vecchia;
  • la Collegiata di Sant’Ubaldo (o della SS. Resurrezione), con le sue tele seicentesche, il battistero del Cinquecento in pietra rosa del Furlo e uno splendido organo settecentesco;
  • il Palazzo Comunale con la torre campanaria, il cui orologio funziona con un’unica lancetta;
  • Palazzo Ducale (oggi privato): ci sarebbe piaciuto visitarlo, se non altro perché pare che abbia ospitato Lavinia della Rovere, volto ritratto da Raffaello nell’opera “La Muta”.
  • il Museo degli orci e orciai e della Banda Grossi. Per dovere di cronaca, non lo abbiamo visitato perché chiuso al momento della nostra visita ma ce lo avevano consigliato perché custodisce i manufatti degli orciai del borgo e ripercorre, grazie a dei pannelli, le vicende legate alla banda Grossi, banditi attivi nel XIX secolo.

Orciano di Pesaro, il paese dei cordai

Per rendere l’idea di quanto possa essere antico il borgo di Orciano di Pesaro, basti pensare che lo storico Macci sostiene venne edificato da un gruppo di Cartaginesi erranti, fuggiti in seguito alla sconfitta subita a opera dei Romani nel 207 a.C.. Le signorie principali che si successero nel territorio furono, rispettivamente, quelle dei Malatesta e dei Della Rovere. A Galeotto Malatesta si deve la costruzione della torre che domina il centro storico, a Giovanni Della Rovere quella della chiesa di Santa Maria Novella.

Con il suo centro storico cinto da mura, una visita a Orciano di Pesaro non può non includere:

  • una passeggiata lungo le sue viuzze e i suoi vicoli, alla ricerca di qualche dettaglio che catturi l’attenzione e di panorami dove lo sguardo, nelle giornate di sole, si perde all’orizzonte;
  • la quattrocentesca chiesa di Santa Maria Nuova, con il portale in pietra bianca scolpita che pare sia stato realizzato da Raffaello e gli stucchi di Brandani;
  • la Torre Malatestiana, inglobata poi dalla chiesa di Santa Maria Nuova. A causa di questo subì delle modifiche sia interne che esterne tali da farla diventare “la più bella torre elevata nelle Marche durante il Rinascimento”.
  • La piazzetta Giò Pomodoro, fratello di Arnaldo, nativo di Orciano, con l’opera “Sole deposto” al centro;
  • il Museo della corda e degli antichi mestieri, nato per mantenere viva la tradizione delle attività tipiche del borgo, quella dei cordai e della produzione di mattoni. (Anche in questo caso, non ci è stato possibile visitarlo perché ad oggi non ne è stata ancora assegnata la gestione).

Scoprire Orciano significa rivivere alcuni aspetti della vita contadina: qui la coltivazione della canapa ha segnato la vita di gran parte della popolazione. Una popolazione che ha dimostrato in passato di non volersi fare mettere i piedi in testa da nessuno, nemmeno da Galeotto I Malatesta, il quale riuscì a fatica a domare la ribellione dei cittadini stanchi degli eccessivi prelievi fiscali per finanziare le guerre della Signoria Malatesta.

San Giorgio di Pesaro, il paese del dialetto

Anche San Giorgio di Pesaro presenta l’antica cinta muraria medievale e vanta una storia antichissima. Votata principalmente all’agricoltura, questo borgo ha visto in principio due castelli contendersi il ruolo principale, il Castello di Poggio e il Castello di San Giorgio. Il primo, sorto su una collina tufacea, perse la propria autonomia alla fine del 1700, sotto il dominio napoleonico.

All’interno della cinta muraria si trova la chiesa parrocchiale, con un crocifisso ligneo del ‘300, e il MuSA, Museo Storico Ambientale. Anch’esso chiuso come nel caso di Orciano di Pesaro, al suo interno è possibile ripercorrere le fasi della produzione del miele e della seta. Grazie a pannelli esplicativi e all’esposizione di numerosi strumenti del mestiere, è possibile cogliere lo stretto legame che univa San Giorgio di Pesaro alle due principali attività produttive del paese, l’apicoltura e la bachicoltura. Per gli amanti del genere, il museo ospita anche una collezione di animali imbalsamati.

▶︎ In questo caso siamo riusciti a visitare il museo grazie alla proprietaria dell’osteria Casa Mina. Il museo e il ristorante, infatti, condividono la medesima entrata. Dopo aver pranzato lì (vi consigliamo di fare lo stesso), è stata lei a proporci di visitare il museo. Come rifiutare?

Piagge e il suo ipogeo

L’antica Lubacaria, oggi Piagge, sorge a cavallo dei due versanti dei fiumi Metauro e Cesano. Si tratta dell’ultima tappa del nostro itinerario a Terre Roveresche e possiamo confermarvi che abbiamo chiuso con il botto!

Dove oggi si trova la frazione di Cerbara sorgeva l’antica città di Lubacaria, distrutta dal re dei Goti Alarico I all’inizio del V secolo. Gli abitanti che riuscirono a scappare all’eccidio si trasferirono nella vicina collina, quella dove oggi sorge Piagge, fondando una nuova località, Pladearum.

Nei secoli dominato da i Medici, i Della Rovere e dallo Stato Pontificio, durante la Seconda guerra mondiale si trovò coinvolto nella famosa “battaglia del Metauro”, restandone gravemente danneggiata.

Oggi Piagge merita una visita per ben 4 motivi:

  • una passeggiata all’interno delle mura del castello medievale, tuttora abitato, con la Torre civica di 15 metri e il panorama che spazia fino a Senigallia. Visitate anche l’interno della chiesa di Santa Lucia, con opere di Guerrieri, Magini e la grotta in cartapesta con le statue di Santa Lucia, San Domenico, la Madonna e Bernadette.
  • Lo splendido murale di Agrà “la battaglia del Metauro” (del 207 a.C.), lungo ben 117 metri per 3 metri di altezza. Si tratta del secondo murale più lungo d’Europa e rappresenta, utilizzando la tecnica di affresco sul muro (o pittura a calce), la battaglia del Metauro, in cui l’esercito romano sconfisse quello cartaginese di Asdrubale Barca. Vi evitiamo il ripassino sulle guerre puniche ma vi invitiamo a godervi ogni dettaglio del murale. Grazie a questa tecnica, ogni crepa del muro conferisce ai personaggi forte dinamismo, quasi a voler che la battaglia prenda vita davanti ai nostri occhi. Osservate gli elefanti e aguzzate gli occhi per carpire i dettagli dei volti. Possiamo garantirvi che non abbiamo mai visto nulla di simile.
  • il Museo a cielo aperto “Terre di Lubacaria”, una passeggiata di 1km che ripercorre l’antico collegamento tra il castello di Piagge e quello di Lubacaria. Da qui si ammira il panorama fino al mare e si trovano numerose opere, realizzate da artisti locali e non utilizzando diversi materiali. Parliamo solo di sculture perché i murales, dal 2021, causa vendita della proprietà sui cui muri erano stati realizzati, sono stati distrutti. Al momento (maggio 2022) ne è rimasto integro solo uno. Indipendentemente da ciò si tratta di un percorso molto piacevole ed interessante che inizia da via Piave, a pochi metri dalla grotta;
  • la grotta ipogeo, un gioiellino del 1200 scoperto solo nel 1996.

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