Di insegnanti e studenti

Conoscete quelle scuole stile “British schools” dove si va per imparare l’inglese e/o recuperare i votacci presi in inglese? Beh, io lavoro in una di quelle scuole da ben, arrotondando per difetto, quasi 7 anni. 

Barbie maestra studenti

È un lavoro che, come tutti, ha i suoi lati positivi e negativi, tante arrabbiature miste a qualche soddisfazione ma anche tante, ma tante risate.

Ma andiamo per ordine. Perché arrabbiature? Perché di studenti ne ho tanti, cambiano ogni ora, e arrivi alla fine della giornata che la testa ti sembra voler esplodere o immergersi in una vasca con acqua gelida o meglio ibernarsi in una cella frigorifera. Perché ognuno di loro ha mille, anzi forse milioni di esigenze diverse, in parte perché frequentano scuole differenti ma anche chi va nella stessa scuola, magari nella sezione B talvolta sembra avere un programma che poco ha in comune con quello di un suo coetaneo nella sezione G. Se a questo aggiungiamo che, giustamente, ogni persona ha un metodo di apprendimento diverso, beh, in pratica quello che accade è che ti ritrovi a dover preparare lo stesso argomento in 10 modi diversi, con 10 tipologie di esercizi diversi e con 10 schemi diversi. Voi direte “una volta che li hai fatti puoi sempre riutilizzarli, no?”. Certo, peccato che non si sa per quale strano e inspiegabile motivo ogni volta devo crearne di nuovi.

Il lato positivo della medaglia

Comunque, come dicevo ci sono anche le soddisfazioni: mai la tecnologia si è rivelata essere più piacevole quando i ragazzi ti whatsappano dicendoti di aver preso un bel voto o anche solo una sufficienza (quando parti da un sano 2 son traguardi, eh). Mi sento felice quando riesco a far loro apprezzare Shakespeare, Conrad, Joyce, a fargli capire che si può amare la letteratura dimenticandosi che si tratta di homework, trovandoci quei collegamenti alla nostra realtà (ce ne sono a bizzeffe) e quell’ironia che tanto spesso manca nell’insegnamento moderno.

Badate bene, non intendo dire che le lezioni debbano trasformarsi in uno spettacolo comico! Tuttavia credo che un po’ di ironia gioverebbe non solo ai ragazzi (che eviterebbero di addormentarsi alla spiegazione del “Romeo e Giulietta” con tanto di bavetta alla Homer Simpson), ma anche ai professori.

Ma veniamo alla parte più interessante del mio lavoro: le risate. Sì, proprio le risate, quelle che mi faccio, insieme ai miei studenti, per i loro strafalcioni o per un neologismo inglese di loro creazione (ovviamente preso dall’italiano – un po’ alla “du gust is megl che one”): delle vere e proprie perle di saggezza. Con gli anni ho preso l’abitudine di segnarmele, ogni tanto ne rileggo alcune, meritano davvero. Magari un giorno le pubblicherò, chissà. Il corpus è già piuttosto guarnito, anche se l’effetto live è sempre impagabile.

See you prest

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2 commenti

  1. Una volta, tanti, ma davvero tanti, anni fa, quando ero ancora in Madrepatria, ho sentito un collega dire al telefono “aspetti un attimo, che glielo spello” e poi ha scandito il nome lettera per lettera (“glielo spello = le faccio lo spelling”). Me lo ricordo come se fosse ieri…

    1. Meraviglioso! ?
      Personalmente ne sento di ogni tipo ogni giorno e non posso che farmi due risate….diversamente sarei già in lista per un trapianto di neuroni (ammesso sia possibile) ???

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