Cosa vedere a Presicce, la città degli Ipogei

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⎨Avviso ai lettori: state per iniziare a leggere un post più lungo del solito ma siamo certi vi piacerà il finale ⎬

Quando si parla del Salento, nella mente proiettiamo immediatamente immagini legate a spiagge sabbiose e acque cristalline, ma il Salento non è solo questo (sì, lo so, non ho scoperto l’acqua calda). È anche borghi e paesi dove respirare il vero spirito pugliese, quello fatto di tradizioni, storie e artigianato. Ecco perché durante la mia vacanza in famiglia non mi sono fatta sfuggire la visita guidata di uno dei borghi più belli d’Italia, Presicce, nota come la città degli Ipogei.

Con poco più di 5.000 abitanti, Presicce deve verosimilmente la sua nascita alla presenza di acqua che favorì gli insediamenti umani a seguito di una lunga siccità che colpì il territorio nel IV secolo d.C.. Presicce è il borgo dei frantoi ipogei e di palazzi di epoca seicentesca e settecentesca dal fascino tutto particolare.

Itinerario a piedi alla scoperta dei suoi palazzi

Essendo di proprietà privata, la maggior parte dei palazzi storici di Presicce non è visitabile all’interno (per poterne vedere gli interni dovreste partecipare alla manifestazione “Presicce in mostra” durante la quale molti palazzi storici aprono le porte e permettono ai visitatori di ammirarne cortili e giardini). Proprio per questo motivo vi consiglio la visita guidata poiché senza, molti di questi palazzi passerebbero inosservati.

Dirigendosi verso Piazza del Popolo dall’ufficio informazioni turistiche, sulla sinistra si trova Palazzo Alberti, costruito agli inizi del ‘900 nel cosiddetto stile dell’“eclettismo salentino”. Impossibile non notare la fascia di maioliche di Vietri a motivi floreali che decora la parte superiore del palazzo.

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Palazzo Alberti

Proseguendo su via Gramsci, sempre sulla sinistra, si trova Palazzo Lia – prima – e Palazzo Pepe poi. 

Palazzo Pepe, noto come Corte Soronzi (Suronzi per i presiccesi, dal nome di uno dei proprietari), apparteneva nel ‘600 alla famiglia di origini fiorentine Pepe, una famiglia abbiente a cui facevano capo un mulino, un frantoio e degli uliveti. Venduto nel XIX secolo alla famiglia Iacobelli, ne fu poi spartita la proprietà tra diverse persone.

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Palazzo Soronzi

Ciò che colpisce non è solo il portale rinascimentale con le mensole decorate e la balaustra in pietra traforata, ma soprattutto la volta affrescata raffigurante San Michele Arcangelo e, nelle vele laterali, scene di guerra con cavalli.

Durante le visite guidate si scoprono spesso storie e leggende davvero curiose. Una di queste riguarda proprio questo affresco che dovrebbe rappresentare la battaglia di Lepanto del 1571, nella quale i cristiani sconfissero i turchi, ma che si svolse in mare. Ergo, perché i cavalli?

Proseguendo su via Gramsci si raggiunge Casa Turrita, uno degli edifici storici più particolari del borgo. Facile capirne la motivazione.

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Casa Turrita

Il bugnato a punta di diamante è sicuramente un elemento caratteristico. Se il piano terra si presenta decorato, non lo è il primo piano che presenta le caditoie utilizzate per proteggersi dagli attacchi dei nemici. Questo è dovuto al fatto che il palazzo aveva inizialmente funzione difensiva.

Si lascia Casa Turrita e ci dirige verso Palazzo Adamo-Izzo, voluto dal notaio Giacomo Adamo a metà del ‘500 che non colpisce tanto per il suo esterno quanto per la sua corte interna e il suo giardino.

Palazzo Ducale e il Museo della Civiltà contadina

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Piazza del Popolo e Palazzo Ducale (sulla destra)

Nato su un fortilizio normanno del 1500, Palazzo Ducale ha subito nei secoli diversi interventi, non solo a scopo restaurativo. Di questi interventi è curioso ricordare quello voluto nel 1630 dalla principessa D. Maria Cito Moles, la quale permise l’aggiunta della loggia, dei giardini pensili e di una nuova cappella palatina.

Palazzo Ducale ospita al suo interno il Museo della Civiltà contadina che riunisce, al piano terra, gli attrezzi da lavoro utilizzati da contadini, falegnami, ciabattini e muratori presiccesi, mentre al primo piano, raggiungibile salendo uno scalone del 1700, si trova una ricostruzione della tipica casa contadina con camera da letto, un telaio e la cucina.

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Camera da letto ricreata all’interno del museo

Il museo è accessibile solo partecipando alla visita guidata che posso garantirvi, anche in questo caso, è fondamentale per capire il valore e il significato di tutti gli oggetti presenti.

Una volta terminata la visita al museo, senza uscire dal palazzo è possibile raggiungere i giardini pensili da cui si gode la vista sulla Chiesa Madre e Palazzo Villani.

Chiesa Madre e Colonna di S. Andrea

Ci sono voluti solo tre anni (1778-1781) per costruire e inaugurare la Chiesa di S. Andrea e Maria S.S. Assunta in Cielo. È impossibile non notarla e, se come me raggiungete il centro di Presicce da Corso Italia, sarà la prima cosa che vedete. In stile tardo barocco, decisamente più sobrio rispetto a quello leccese, è stata costruita su una vecchia chiesa del 1500 (di cui rimane l’antica torre campanaria) e vi stupirà per i suoi stucchi e marmi policromi. Una piccola curiosità: come in molte chiese del Salento, anche in questa un altare è dedicato a S. Oronzo che ha protetto questa regione dalla peste del 1656.

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Chiesa Madre

Davanti all’ingresso della Chiesa Madre si trova la Colonna di S. Andrea, dedicata al patrono e costruita nel ‘600. Le quattro statue ai lati, tre delle quali acefale, rappresentano le quattro virtù cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza. Quello che colpisce è il fatto che la statua non sia rivolta verso la chiesa. Alcuni studiosi ritengono che sia stata rivolta verso via Arditi perché questa era l’antica via dei pellegrinaggi verso Santa Maria di Leuca, altri hanno una opinione più “estetica”, ossia che chi arrivava a Presicce da quella via poteva godere meglio della vista della statua. Io propendo più per la prima opzione, voi?

Presicce, la città degli Ipogei

Ho voluto lasciare appositamente questo paragrafo per il gran finale! Presicce è detta “la città degli Ipogei” per la presenza di ben 23 frantoi sotterranei. Durante la visita guidata ho potuto vederne due, uno in Piazza del Popolo (di oltre 1000m2) e uno in via Gramsci, entrambi di proprietà comunale. Non ne avevo mai visitato uno ed è stata una grande emozione. Scendere sotto terra e immaginare, attraverso i racconti della guida, come si svolgesse la produzione dell’olio è stato un viaggio nel viaggio.

frantoio ipogeo presicce
Frantoio ipogeo

Vi verrà la pelle d’oca ascoltando i racconti sulle pesanti condizioni di lavoro dei frantoiani che da ottobre a marzo-aprile vivevano – letteralmente – nei frantoi insieme a tre animali fra asini e buoi, uscendo raramente perché “l’olio era prezioso e doveva essere protetto”.

Scoprirete che i pozzi di decantazione dell’olio funzionavano grazie al principio dei vasi comunicanti e che la temperatura in inverno all’interno dei frantoi era sempre mite e costante, intorno ai 18-20°, grazie anche alla fermentazione delle olive e al calore prodotto dalle lampade ad olio che funzionavano ininterrottamente e dalla fatica degli uomini e degli animali.

Rimarrete un po’ di stucco quando alla domanda “ma perché non hanno costruito i frantoi in superficie?” vi sentirete rispondere “perché scavare costava meno”, e tu eri pronta a chissà quale spiegazione alla Roberto Giacobbo.

Leggende e tradizioni di Presicce

Se siete arrivati a leggere fino a questo punto siete ufficialmente degli eroi quindi vi meritate un finale leggero.

Prima vi parlerò della festa del Santo Patrono (S. Andrea), il 30 novembre. Questa festa, molto sentita, prevede, oltre agli spettacoli pirotecnici e alla processione, la “focareddha”, ossia un falò con la legna portata dagli abitanti (noi in Romagna abbiamo la fugaràza per San Giuseppe) e la tradizione de “lu tamburreddhu” (tamburello). Dieci giorni prima della festa, per dieci mattine, dalle 4 alle 6 del mattino dei musicisti girano per il paese suonando canzoni popolari e vengono invitati nelle case dove viene offerta loro la colazione (mi dispiace per loro ma da me riceverebbero una secchiata d’acqua!). Sempre secondo la tradizione, il tamburello è legato al fatto che il Santo pescatore era solito chiamare gli amici per recarsi al lavoro suonando questo strumento.

La seconda leggenda riguarda la morte del principe di Presicce, Carlo Francesco Bartilotti. Non particolarmente amato dalla popolazione a causa della sua crudeltà, fu ucciso da colpi di fucile nel 1655 da uomini mascherati mentre era affacciato alla finestra di un palazzo. Io preferisco ovviamente la leggenda, la quale narra che fu ucciso da colpi di fucile durante una festa in maschera perché il nostro dongiovanni cercò di arrogarsi il diritto dello jus primae noctis. Suvvia, se l’è cercata! Momento femminista a parte, entrambe le versioni prevedono uomini mascherati, da qui l’appellativo “mascarani” affibbiato ai presiccesi.

Siamo – davvero – giunti alla fine e spero di avervi convinti a visitare questo delizioso borgo salentino. Se poi capitate all’ora di cena, fermatevi a mangiare all’Antica Pietra Filosofale, non ve ne pentirete!

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4 commenti

  1. Azz perché scavare costava meno?! 😀 😀 😀
    Quando scovo un posticino che prevede una visita ipogea mi ci fiondo subito, adoro le storie e le ambientazioni sotterranee perché sono sempre piene di leggende e misticismo anche se in questo caso le storie erano solo quelle di sacrificio e di duro lavoro. Che meraviglia qui giardini e quei particolari che hai fotografato. La conoscevo solo di geograficamente e di nome ma è una città che merita una visita!
    Antica Pietra Filosofale, segnato! 😉

    1. Costava meno perché il terreno era friabile e facile da lavorare e quindi, da scavare.
      Ho scoperto Presicce per caso, volevo portare la mia famiglia a cena in un paesino, un borgo e ho trovato Presicce (e l’Antica Pietra Filosofale). L’ufficio turistico era ancora aperto alle 21 e ovviamente mi sono fiondata per saperne di più del paese. Ed ecco la lieta novella: il giorno dopo avrebbero organizzato una visita guidata del borgo. Secondo te potevo perdermela? 😂

  2. Sono d’accordissimo nel visitare i borghi guidati da persone che riescono a trasmetterti l’amore per il proprio paese. A volte capita di andare in alcuni paesi dove, a detta di alcuni, non c’è nulla scoprendo invece che hanno tantissimi tesori da condividere.

    1. Questo è uno dei tanti aspetti su cui dovrebbero puntare le piccole realtà: mettere a disposizione le proprie risorse per far vivere il proprio patrimonio a chi lo visita. Forse ci stiamo muovendo sulla giusta strada

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